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Ubuntu e Google presto sposi?

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Sixth Floor Labs: un futuro per i giochi su...

7 novembre 2007 Visualizzazioni: 414 Business

Dove sta andando Linux?

Oggi Linux rappresenta la tendenza. Ogni giorno, sempre più aziende IT di vecchia scuola si scrollano di dosso i loro dubbi iniziali, si orientano dietro ai loro clienti e provano Linux e altri progetti open source. Alla faccia di tali successi, rimarrà Linux fedele all’ideale di free software e alla comunità che lo ha creato? Oppure si trasformerà in una corporate byproduct, guidata dal basso e compiacente con tutte le forme predatorie di proprietà intellettuale (IP).


Red Hat è la distribuzione Linux commerciale che ha riscosso più successo. Ha ridefinito il modello della vendita di servizi, con software all’ennessima potenza. Micheel Tiemann, l’uomo che per primo vide la GPL come un piano di investimenti piuttosto che una licenza, ha portato quel modello con lui quando Red Hat ha comprato la compagnia che lui stesso aveva fondato, Cygnus, che fu la prima società open source di successo. Red Hat ha avuto successo senza vendere le sue convinzioni sull’open souce e sul free software.

In termini di guadagni, Novell è l’avversaria di Red Hat più importante e, mentre adesso ha il nome di SUSE e la distribuzione, è più una società di software proprietario di vecchia scuola che una società Linux. Gli accordi di Novell con Microsoft hanno agitato i pensieri di molti della comunità free software, che hanno visto negli accordi una vera e propria vendita. A sua difesa, tali contratti sono stati da tempo usati nell’industria del software. Tutti i problemi della Novell circa i contratti riflettono la differenza su come il business viene fatto in corporate boardrooms e di come invece viene fatto nel bazaar, dove i profitti sono benvenuti ma la condivisione è la sostanziale etica piuttosto che il segreto di codici sorgenti chiusi e le catena di IP. Ma gli accordi hanno dato alla Novell nuova linfa, contanti.

Ubuntu, comunque, si affaccia all’orizzonte. La sua popolarità nella comunità Linux cresce tra quelli che scelgono Linux come loro piattaforma. Questa popolarità deriva parzialmente dal fatto che è free-as-in-beer e anche free-as-in-speech, ma molto più importante perché dà cosa gli utilizzatori vogliono sul loro desktop. Ubuntu eccelle in capacità multimediali e sulla compatibilità wireless, offrendo per l’uso “non-free” driver software a portata di click. Mentre Red Hat e Novell puntano su sistemi di fascia alta, Ubuntu punta ai computer desktop. L’approccio di Ubuntu è prova di quanto “non-free” software sia accettabile dalla comunità su una distribuzione Linux.

Le altre distribuzioni Linux, sia che guidate dalla comunità o commerciali, impallidiscono in significato rispetto alle maggiori tre. Si, Debian è importante ed unica, Mandriva va ancora bene e Linspire continua a vivere. Allo stesso modo altre distribuzioni. Ma nessuno di loro siede allo stesso tavolo delle tre grandi sorelle, basandoci sulla popolarità dei loro desktop.

di Giuseppe Lo Brutto - TuxJournal.net

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  • http://marco.boneff.ch Raideiin

    Il problema del freesoftware e di GNU/Linux è che richiede molta pazienza per avere libertà assoluta. Ubuntu punta sull'usabilità in senso lato dei sistemi, e acconsente all'inclusione di software non libero (perlopiù firmware, i driver proprietari non vengono installati di default) solo per rendere i computer funzionanti alla stregua delle controparti completamente chiuse. Il risultato è un sistema forse non libero al 100%  come RMS vorrebbe, ma che senz'altro è molto più libero rispetto a Windows e MacOS. Questo cosa significa? Che pedaliamo nella direzione del freesoftware ed è solo questione di tempo perchè i firmware proprietari vengano sostituiti con firmware veramente liberi. Intanto si garantisce all'utenza un'esperienza di software libero non indifferente. Per questo mi sento di dire che ubuntu non è una distribuzione "non etica", semplicemente non è ancora libera al 100% perchè purtroppo GNU non è ancora abbastanza completo per supportare tutte le componenti in circolazione. L'importante è fare in modo che all'utente sia sempre concesso di scegliere quando la sua libertà viene messa in pericolo. È libertà anche la scelta di installare codec e software proprietari. L'importante è che gli utenti ne siano coscienti e sappiano che perchè GNU/Linux possa continuare ad esistere necessitiamo di implementazioni libere che ci permettano di usare il computer in modo efficace senza perderci in libertà. La palla dunque è nelle mani degli sviluppatori e delle hardwarehouses, non ci resta che attendere.
    P.S: accostare Novell e Canonical non ha alcun senso: sono società basate su modelli di business completamente diversi, valori diversi, prospettive diverse. Non si può fare di tutta l'erba un fascio!

  • globrutto

    Ciao Raideiin,
    sono perfettamente daccordo con ciò che dici e hai colto lo spirito dell'articolo fino al P.S.
    L'accostamento fatto era per dimostrare che c'è già qualcuno che si è spostato dal modello open source verso quello commerciale… Sarà questo il futuro???