Riconoscendo il ruolo fondamentale che open source e standard aperti svolgono per l’innovazione, la scorsa settimana la Commissione Europa ha rilasciato l’atteso European Interoperability Framework.
Si tratta di una policy ufficiale (chiamata sinteticamente “EIF”) per le Pubbliche Amministrazioni europee, e del primo aggiornamento al Framework originale del 2004, adottato con lo scopo di promuovere e supportare l’erogazione di servizi pubblici in Europa, consentendo un’interoperabilità tra nazioni e tra settori differenti, di guidare le Pubbliche Amministrazioni nel loro compito di fornire servizi pubblici europei ad aziende e cittadini, di integrare ed arricchire i vari framework nazionali (National Interoprability Framework, o NIF) esistenti in Europa.
Lo EIF è più di un classico documento in arrivo da un ente europeo. E’ il risultato di uno sforzo che ha coinvolto numerosi interessati per diversi anni, per cambiare il paradigma dell’implementazione IT nel settore pubblico. Nei fatti, lo EIF “dovrebbe essere considerato quando i governi prendono decisioni sui servizi pubblici europei, a supporto dell’implementazione di policy dell’Unione Europea, e dovrebbe essere allo stesso modo preso in esame nella definizione di servizi che possano essere utilizzati in futuro come parte di servizi pubblici europei”.
“La Commissione ha considerato con scrupolo gli interessi e le ragioni delle comunità legate all’open source ed all’approccio proprietario, cercando in buona fede di raggiungere un compromesso accettabile, comunque perfezionabile”, ha dichiarato Mark Bohannon, Vice President, Corporate Affairs and Gobal Public Policy di Red Hat. “Al Commissario Nellie Kroes e all’intera Commissione va dato il merito di aver adottato questa policy resistendo alle forti pressioni per un’eliminazione generale delle tecnologie aperte.”
Tema centrale dello EIF è il principio sottostante di apertura, secondo il quale “persone, organizzazioni o altri membri di una comunità di interesse… condividono la conoscenza e stimolano la discussone all’interno della stessa comunità, con l’obiettivo generale di accrescere la conoscenza ed il suo utilizzo per la risoluzione dei problemi”. La Commissione Europea riconosce il ruolo chiave delle tecnologie aperte per raggiungere una reale interoperabilità, e raccomanda quindi che “le amministrazioni pubbliche europee puntino all’apertura” compresa “l’applicazione le principio di apertura nello sviluppo congiunto di sistemi software personalizzati di modo che le amministrazioni pubbliche europee generino risultati che possano essere interconnessi, riutilizzati e condivisi, migliorando così l’efficacia”.
Cogliendo un altro insegnamento dalla comunità open source, EIF definisce anche il principio di “riusabilità” (Sec. 2.11) in base al quale “le amministrazioni pubbliche devo essere disposte a condividere con altri soluzioni, concetti, framework, specifiche, strumenti e componenti” compreso l’utilizzo di piattaforme, tool, specifiche e componenti collaborativi.
Il nuovo EIF è perfetto? No. A causa di pesanti lobby da parte di vendor di tecnologie proprietarie, alcune sezioni chiave sono confuse (la definizione di standard aperti è stata resa più ‘leggera’ rispetto alla versione del 2004). La definizione di standard aperti resta un punto di contradditorio nel settore IT. Anche se la nuova definizione non offre all’open source e alla comunità open standard tutto ciò che avrebbero voluto, e alcuni sicuramente la criticheranno, la policy EU deve essere accolta positivamente come dichiarazione a favore dell’apertura. Al centro vi è infatti il riconoscimento che l’open source non è solo un elemento chiave – ma anche in fattore emergente – per l’Europa.