Quanto è influente nella comunità Linux il numero uno di Canonical? Può davvero essere definito uno dei grandi nomi del sistema operativo del pinguino?
Che siamo o no fan della distro firmata Canonical, abbiamo sentito almeno una volta il suo nome. Stiamo parlando di Mark Shuttleworth che dallo spazio è ritornato sulla terra con un obiettivo ben chiaro: investire milioni di dollari nel progetto Ubuntu. Da quel lontano 2004, anno in cui fu lanciata la prima release ufficiale della distro, Mark Shuttleworth si è fatto sempre più largo nella comunità Linux, raccogliendo successi e critiche. Ma quanto è importante la sua figura per Canonical, Ubuntu, Linux e l’Open Source?
Può sembrare semplice rispondere a tale quesito, ma forse non lo è affatto. Mark Shuttleworth può essere definito senza troppi problemi lo Steve Jobs di Linux o, per essere un po’ più onesti, lo Steve Jobs della comunità Ubuntu. La sua conoscenza tecnica? Quasi pari a zero. Lui è la guida, il mentore di chiunque crede in quel progetto. Lui è colui che pur non mettendo mani al codice riesce a mettere d’accordo tutti, a convincere ogni utente che Ubuntu sia la strada giusta. Lui è il “dittatore benevolo auto-nominato a vita” decidendo quanti soldi investire e, soprattutto, come investirli.
C’è poco da fare. Se non avesse messo le mani nelle sue tasche oggi non saremmo qui a parlare di lui. Fra qualche mese non avremmo potuto mettere le mani sul nuovo Ubuntu Touch. E, sì, non avremmo potuto lamentarci di ciò che di fastidioso c’è in Unity.
Ma fra un leader come Shuttleworth e i grandi nomi del mondo Linux, c’è una grande differenza. Linus Torvalds e Eric S. Raymond hanno quel qualcosa in più che forse il numero uno di Canonical non potrà avere mai. E proprio quando il pensiero va a Richard Stallman, con il suo GNU che fa la differenza, ecco arrivare la risposta al nostro quesito: Mark Shuttleworth è essenziale solo per Canonical. Quando si parla di Open Source e di Linux, le sue parole sono solo rumore fra la folla.