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OpenOffice.org: la sua crescita è ormai esponenziale

14 novembre 2008 Visualizzazioni: 667 Business, Focus

Lo sviluppo economico del software libero: diversità tra Europa e USA

Continuiamo il discorso sulle possibilità di sviluppo economico del software libero, sfatando così la leggenda secondo la quale quello del free software sia un modello economicamente insostenibile.


Nel post di qualche giorno fa spiegammo, citando le fonti, i motivi per i quali è gravemente errato considerare solo l’aspetto della gratuità del software libero: libero, infatti, non significa gratis, come più volte affermato dallo stesso Stallman. Riprendiamo una parte di una replica a un commento al precedente articolo: riteniamo, infatti, “che il software sia un potente strumento per la diffusione della cultura e della conoscenza e che, quindi, debba essere libero da influenze da ogni tipo, da rendite di posizione, da brevetti, da lacci e lacciuoli che ne impediscano la distribuzione. Anche la cultura e la conoscenza devono essere ugualmente libere, e l’indipendenza economica garantisce a chi produce cultura o strumenti per la sua fruizione la libertà necessaria a farlo”.

Tuttavia la percezione che si ha dello sviluppo economico del software libero è diversa sulle due sponde dell’Atlantico. Vediamo come, usando il punto di vista di un osservatore privilegiato, Larry Augustin, cofondatore di Sourceforge e venture capitalist impegnato in molte aziende che producono software libero e aperto, che, dal 21 al 24 settembre scorsi è stato ospite dell’Open Source Think Tank Europe di Parigi. Definire semplice conferenza un think tank è riduttivo: si tratta, infatti, di un “serbatoio di pensiero”, nel quale più persone, indipendentemente dalle loro propensioni politiche o ideologiche, si occupano essenzialmente di produrre informazioni oggettive e previsioni da analizzare per studiare l’andamento di un fenomeno. Sarà, poi, compito degli analisti trarre le conclusioni del lavoro scaturito dal “serbatoio”.

Nel suo blog, Larry espone le impressioni ricavate dall’esame dei punti di vista di diversi partecipanti al convegno a proposito del modo di considerare il software libero e aperto in Europa e in America; vediamole.

Innanzitutto, perché adottare software aperto? Gli Americani, nel loro pragmatismo, ne fanno una questione di costi, mentre in Europa si cerca di evitare un produttore che possa imporre tecnologie proprietarie e chiuse. Così nel Vecchio Continente le linee guida che portano alla realizzazione di software liberi e aperti commerciali sono legate alla creazione di un’industria del software indipendente dalle grandi software house del Nuovo Continente, mentre negli Usa è la disponibilità di quantità di capitali di ventura che porta al nascere di realtà analoghe. Ricordiamo, incidentalmente, che il fatto che un software sia libero e aperto non implica che sia gratuito: è infatti la licenza che non costa nulla, mentre i servizi aggiuntivi possono essere a pagamento.

Da questo diverso atteggiamento deriva, probabilmente, la chiusura europea alla brevettabilità del software, considerato, a nostro avviso giustamente, opera d’ingegno e, in quanto tale, non brevettabile. Non dimentichiamo, infatti, i diversi e reiterati tentativi lobbistici per spingere l’Unione Europea a instaurare un sistema di brevetti sul software. Ma questa è un’altra storia, che esula dal tema odierno.

Continuiamo nella disamina delle differenze; anche nell’uso di un sistema a doppia licenza Europei e Americani si dividono: per i primi, infatti, non siamo di fronte a un vero prodotto aperto, ma solo a un mezzo per fare marketing e pubbliche relazioni, mentre al di là dall’oceano è considerato il più comune modello di business per il software open source. In questo caso la posizione europea sembra essere più integralista di quella americana: a parere di chi scrive, infatti, il sistema della doppia licenza può permettere all’azienda di finanziare lo sviluppo di prodotti free, senza necessariamente implicare aspetti di marketing positivo. Un esempio, forse, potrà meglio chiarire il concetto. Sun Microsystem ha acquisito, nella scorsa primavera, la Innotek, azienda tedesca produttrice di VirtualBox, software di virtualizzazione.

Di questo prodotto ne esistevano (e ne esistono tuttora) due versioni: una, proprietaria, che è gratuita per studio e uso personale, e una libera, assoggettata alla GNU GPL, sprovvista di alcune funzionalità (come il mancato supporto alle periferiche USB). Questa politica della doppia licenza è preesistente all’acquisizione a opera di Sun, quindi è probabile che la versione proprietaria fosse la principale fonte di sostentamento economico di Innotek, senza la quale, forse, sarebbero mancate le risorse per la realizzazione della versione libera.

Anche sui canali di vendita le due sponde dell’Atlantico divergono: gli Europei pensano che il principale strumento di commercializzazione sia il canale dei rivenditori, mentre gli Americani prediligono la vendita diretta. Vendita sì, ma di cosa? Per gli Europei il core business deve essere basato sulla fornitura di servizi e supporto all’installazione e all’uso, quindi su formazione, customizzazioni, realizzazione di soluzioni integrate, manualistica e simili. Le aziende statunitensi, invece, non credono molto nella fornitura di servizi e preferiscono focalizzarsi sul prodotto, con la commercializzazione di estensioni proprietarie, e quindi closed source, o la realizzazione di versioni enterprise affiancate a quelle libere. Anche le aspettative su prodotti software open source sono diverse: in Europa un produttore di software libero rilascerà solo codice aperto, affidando la gestione del reticolo degli sviluppatori a una comunità di supervisione, mentre negli Usa non sarà necessariamente così, coesistendo, nella stessa azienda, software liberi e software proprietari; il coordinamento dei progetti sarà affidato alla direzione commerciale.

Non dimentichiamo, infatti, che il software free è realizzato, migliorato e aggiornato da comunità di sviluppatori, anche di grandi dimensioni. Molti di questi sono volontari, molti altri sono stipendiati dalle aziende; in tutti i casi, per evitare l’anarchia, è necessario che ci siano delle linee guida da seguire, anche se non sono disincentivate le iniziative individuali. Eric Raymond, in La cattedrale e il bazar, contrapponeva un modello di sviluppo gerarchico, tipico delle grandi software house (la cattedrale), a uno reticolare, basato sulla creazione spontanea di comunità di sviluppatori che seguissero la realizzazione e lo sviluppo del software (il bazar). Il modello a bazar puro è, forse, troppo anarchico e, quindi, soprattutto nelle realtà maggiori e più complesse, è necessaria una comunità di supervisori che indirizzi lo sviluppo. La libertà e l’apertura del codice, poi, possono portare alla nascita di fork, come, ad esempio le diverse versioni di Emule o Inkscape nato da una costola di Sodipodi o, ancora, NeoOffice nato dal porting di OpenOffice in ambiente Mac.

Dopo aver raccolto queste impressioni, Larry Augustin trae le sue conclusioni: l’Europa, ma anche il resto del mondo, ha una concezione più avanzata della filosofia Free Software/Open Source rispetto a quella americana. Negli Stati Uniti la natura aperta del software è quasi irrilevante nelle decisioni d’acquisto delle aziende, quello che conta è il costo. I compratori americani cercano il miglior rapporto qualità/prezzo; l’apertura del codice e la sua accessibilità non hanno, quasi, interesse. In Europa il concetto è più raffinato: intendiamoci, non è che costi e prestazioni siano ininfluenti, ma si riconosce che è la natura libera del software a permettere questi vantaggi.

Alle conclusioni di Larry Augustin vorremmo aggiungere le nostre: costi, prestazioni, indipendenza da soluzioni proprietarie, uso di formati standard, possibilità di accesso al codice sorgente e, perché no, anche sviluppo di risorse locali sono i principali motivi che hanno spinto, e spingono, numerose amministrazioni e aziende europee, sia pubbliche che private, all’adozione di software libero e aperto; tutti i giorni si ha notizia di nuove migrazioni, sia parziali che totali, a soluzioni software libere e aperte. Crediamo di essere facili profeti nel ritenere che il software libero sarà uno dei motori dello sviluppo economico europeo nei prossimi anni.

di Mario Govoni - TuxJournal.net

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  • The Bubu

    Disamina convincente. Bell’articolo. Interessante capire come viene considerato, e su che basi fonda l’interessa americano, per il software open.