Linus Torvalds ritorna ad aggredire verbalmente uno dei sviluppatori del kernel Linux. Ecco cos’è che ha combinato questa volta.
Che Linus Torvalds abbia un carattere un po’ particolare è ormai cosa risaputa. Di certo non è un romantico, uno di quei leader che cerca di trovare una strada un po’ più elegante per mandare a quel Paese chi secondo lui lo merita. Semplicemente, preferisce non trovare mezzi termini, dire le cose come stanno e non filtrare qualsiasi cosa gli passi per la mente.
Un uomo diretto, schietto e, alcune volte, proprio per queste sue qualità (o difetti, a seconda dei punti di vista) un po’ troppo scurrile. Già, perché il problema non è tanto criticare o bacchettare gli sviluppatori che commettono un qualche errore, ma come ci si pone nei loro confronti. Qualcuno potrebbe passarci sopra, qualche altro, invece, no. In un certo senso, si tratta di vero e proprio mobbing, roba che se Linus Torvalds fosse stato a capo di un’azienda italiana, oggi avrebbe passato le giornate in aule di tribunale per affrontare interminabili cause di lavoro. Ma, poiché di azienda non si tratta, nessuno può di fatto intraprendere battaglie legali contro il papà del Pinguino. A lui interessa solo del codice e di nient’altro: se per far sì che tutto funzioni alla perfezione lui pensa di dover prendere a cattive parole gli altri collaboratori, lo fa. Opinabile o meno che sia il suo modo di fare, è il suo.
In linea di massima, però, le reazioni tipiche degli sviluppatori del kernel Linux ad una delle solite sfuriate di Mr. Torvalds sono 3: ascoltare ciò che il papà del progetto Linux afferma, fare ciò che avrebbero dovuto fare fin dall’inizio (il più delle volte Linus Torvalds perde le staffe perché gli sviluppatori non rispettano i piani di lavoro prefissati) o abbandonano il progetto. Basti pensare all’ormai famosissima vicenda che ha visto Sarah Sharp abbandonare lo sviluppo di Linux o a quella di Matthew Garrett, altro storico ex-sviluppatore del Pinguino.
Ed oggi, con un nuovo messaggio sulla mailing list del kernel Linux, Torvalds ha avuto nuovamente modo di sfoggiare i suoi ricercatissimi termini (ovviamente si fa per dire). Preferiamo non riportare per intero tutto ciò che c’è da leggere, ma rimandare direttamente al messaggio che è disponibile qui. In passato ha fatto di peggio, ma ad oggi neppure il codice comportamentale introdotto fra gli sviluppatori del kernel Linux è servito a far sì che Mr. Torvalds impari ad utilizzare un linguaggio meno violento e più rispettoso del lavoro altrui.
Forse, alcune volte meriterebbe davvero di rimanere solo a lavorare. Di sviluppare in completa solitudine Linux: forse solo in quei momenti riuscirebbe ad apprezzare maggiormente gli sforzi che tutti gli sviluppatori del kernel fanno quotidianamente senza beccare un solo centesimo. Ma, a pensarci bene, è meglio non augurare ciò: i primi a pagarne le conseguenze saremo proprio noi utenti. Dopotutto, Linux non è solo Linus Torvalds. Linux è un prodotto dell’intera comunità.
Fonte: Softpedia