Oramai si parla in modo sempre più frequente di risparmio energetico nel mondo dell’informatica. Una problematica di primo piano visto che in tutti i reparti di produzione i maggiori produttori di chipset, come ad esempio Intel ed Amd, stanno attuando politiche di mantenimento dei consumi sempre più sofisticate nel progettare nuove architetture. Vediamo come si presenta la situazione su Linux.
Si tratta di un’inversione di tendenza abbastanza netta, visti i precedenti prodotti di entrambi i marchi, Intel con i Pentium 4 Prescott ed Amd con i suoi AthlonXp 64, che all’innalzarsi delle prestazioni facevano aumentare di pari passo anche i consumi, a volte anche in maniera spropositata. Se questo era accettabile su un computer desktop, di certo non poteva esserlo su server o tanto meno sui notebook.
Sui server il maggior assorbimento va moltiplicato con il numero dei processori presenti, a volte svariate decine, portando la spesa per l’energia bruciata a quote significative. Sui portatili il maggior consumo andava ad incidere direttamente sulla durata della batteria, riducendo i tempi di utilizzo ai minimi termini, rendendola di fatto insufficiente per un utilizzo soddisfacente e costringendo chi aveva necessità di disporre di un PC veramente “portatile” a viaggiare con una o più batterie supplementari di scorta.
Difatti i miglioramenti più significativi sono stai fatti proprio sui notebook, che hanno raddoppiato la propria autonomia passando da 1-2 ore di un paio d’anni fa alle 3-4 ore attuali, senza che questo vada a pesare sulle prestazioni globali del sistema.
Anche sul versante software si assiste a qualcosa del genere, con una battaglia sulla gestione delle risorse energetiche che vede come principali attori Microsoft Windows e Linux.
In questo caso Linux sembrerebbe leggermente in vantaggio visto che nell’ambito server grossi nomi del settore come IBM, HP, e Novell hanno scelto il pinguino per le loro macchine. La scelta è scaturita da una maggiore flessibilità nonché da una maggiore efficienza della piattaforma energetica.
Inoltre Linux possiede un maggior supporto per la virtualizzazione, argomento non di poco conto in ambito server, come espresso da Mendel Rosenblum CTO di VMWare, importante software house nel panorama delle virtual machine.
Con l’intento di migliorare ulteriolmente le peculiarità del sistema la Linux Foundation ha pubblicato le direttive del progetto Green Linux, con lo scopo prefissato di migliorare l’attuale resa energetica di Linux.
I punti cardine sono :
- Miglioramento delle funzionalità del kernel, con la possibilità di mettere a riposo il processore dopo l’esecuzione di un processo;
- Creazione di applicativi per la gestione delle risorse energetiche;
- Gestione più accurata delle periferiche Usb;
- Miglioramento delle fasi di ibernazione e di sospensione del sistema;
- Riduzione dei bug nei vari applicativi che comportano uno scarso utilizzo del processore.
Importante partner del progetto Green Linux è IBM che, in stretta collaborazione con la Linux Foundation e con la collaborazione strategica di Novell, sta progettando la realizzazione di oltre 3900 server, divisi in 30 mainframe System z, dove affiancando la struttura Big Blu, piattaforma IBM per server di grosse dimensioni, con l’efficienza di un sistema Linux ottimizzato, prevede una grossa riduzione delle spese dovute all’assorbimento energetico.
Favorevole allo sviluppo di una soluzione Linux per piattaforme server è anche Hp che, tramite le dichiarazioni di Ann Livermore, vice presidente della divisione soluzioni tecnologiche dell’azienda americana, elogia le varie implementazioni introdotte nel kernel di Linux denotando come l’efficienza energetica sia un punto chiave nel prossimo futuro delle strutture server.
Anche in casa Microsoft si preannunciano diverse novità nel campo, come le nuove implementazioni di power management che verranno inserite nei prossimi aggiornamenti di Windows Vista o con le annunciate “green solution” dei prossimi Windows Server. Il futuro è sempre più Green.
di Mario Perri - TuxJournal.net